LA CUCINA REGIONALE ITALIANA - TUTTI I VINI ITALIANI - VINI DOC - VINI DOCG - VINI IGT - CONCORSO sulla CUCINA REGIONALE LE RICETTE REGIONALI

LA STORIA DEL VINO
DA NOE' AI NOSTRI GIORNI

Le ricerche più aggiornate fanno risalire alcune vitacee a 140 milioni di anni fa, erano piante simili alle liane e alle vitalbe che si arrampicavano attorcigliandosi sugli altri alberi. Poi nel Miocene (circa 20 milioni di anni fa) la vite si diffuse in tutto l'emisfero boreale, ma sopravvisse alle glaciazioni quasi solo in Asia tra il mar Nero e il Caspio, il cosiddetto Rifugio Pontico.
L'inizio della coltivazione della vite risale però al neolitico, quando l'uomo cominciò a dedicarsi all'agricoltura e iniziò nella Mesopotamia a selezionare la selvatica "vitis silvestris" trasfomandola nella "vitis vinifera sativa".
L'origine del vino è antichissima, era sicuramente conosciuto dai Sumeri seimila anni fa, e dagli Assiri che rappresentavano sui loro bassorilievi dei banchetti, con schiavi che attingono il vino da grandi crateri e lo servono ai commensali in coppe ricolme. Furono i Sumeri i primi commercianti di vino circa 5000 anni fa.
Anche gli Ebrei dell’Antico Testamento, che attribuivano a Noè la scoperta del vino, consideravano la vite "uno dei beni più preziosi dell’uomo" (I Re) ed esaltavano il vino che "rallegra il cuore del mortale" (Salmi).
Nel mondo greco il vino era ritenuto un dono degli dei e attribuivano a Dioniso, il più giovane figlio immortale di Zeus, l’introduzione della coltura della vite tra gli uomini. Il dio del vino, fu oggetto di culto non solo presso i Greci, ma anche presso gli Etruschi, dove era identificato con la divinità agreste Fufluns, e presso i Romani dove era conosciuto come Bacco. Risalgono agli etruschi i vitigni lambrusco, trebbiano, sangiovese e montepulciano, tutti un po' asprigni che venivano maritati agli aceri. I greci conoscevano circa 90 varietà di viti, di cui molte ancora oggi famose come lo zibibbo, la malvasia e il grechetto.
Anche in Egitto la viticoltura vanta origini antichissime, come è testimoniato da una tomba Tebana della XVIII dinastia (1543-1292 a.C.), dove sono rappresentati due contadini che colgono grappoli d’uva da una pergola, altri che procedono alla pigiatura delle uve in un grande tino ed un loro compagno, chino sotto le cannelle, che raccoglie nei recipienti il mosto appena spremuto. In alto si nota una ordinata fila di anfore da vino. Molta parte del vino consumato in Egitto arrivava dalla Palestina e dalla Siria. All’inizio del I millennio a. C. i Fenici, commerciavano in tutto il Mediterraneo i vini prodotti in Libano.
Gli arabi impararono dagli egiziani a coltivare le viti, ma soprattutto per ottenere l'uva da tavola, la regina, la pizzutella e la sultanina sono varietà di origine araba che ora sono diffuse ovunque.
Moltissimi erano i vini prodotti nel bacino del Mediterraneo, bianchi, rossi, più o meno dolci e a gradazione alcolica più o meno alta, infatti la qualità del vino dipendeva come oggi, dall’esposizione del vigneto, dalle caratteristiche delle piante e dai metodi di coltivazione. I grandi vini italici erano generalmente ricavati da viti in arbusto. Ma si praticava anche l’allevamento della vite con sostegno a paletto, così come era la vigna raffigurata sullo scudo di Achille, o sostenuta da pergolati o maritata al gelso.
La vendemmia più che un lavoro, era un’attività festosa, e le raffigurazioni relative alla vendemmia, hanno come protagonisti Dioniso ed il suo seguito di satiri e menadi festanti.
I viticoltori greci non adottavano forme d'allevamento a pergola, come facevano invece gli egizi o come venne poi fatto in Italia. In Grecia le viti erano lasciate libere di scorrere sul suolo, sollevandole con rami per evitare il contatto diretto dei grappoli con il terreno.
La vendemmia solitamente avveniva nella metà di settembre. Riempite le ceste di uva, questa veniva portata alla pigiatura, eseguita in conche di legno d'acacia stagionato o in muratura leggermente inclinate per favorire la colatura del mosto. Il mosto veniva inviato alle cantine dove avveniva la fermentazione in grandi vasi terra cotta (3,5 metri di altezza e un'apertura di un metro), detti pithoi. I pithoi venivano interrati profondamente e cosparsi esternamente di resina e pece. Questa tecnica conferiva al vino un aroma particolare, che si riscontra tuttora nel vino resinato greco. Dopo sei mesi di permanenza nei pithoi, si procedeva alla filtrazione ed al travaso del vino in anfore di terracotta appuntite per permettere la decantazione di eventuale deposito e successivamente commerciato.
L’importanza della viticoltura per l’economia agricola romana è sottolineata dai trattati agricoli di Catone, Varrone e Columella che ci forniscono una ricca serie di informazioni riguardo alla pratica della viticoltura. Secondo Dioscoride, medico e farmacista di origine greca che esercitava a Roma al tempo di Nerone, il vino poteva considerarsi un medicamento, utile per calmare l'ansia, per l'insonnia, lassativo, utile per le affezioni al torace e all'addome e contro le febbri intermittenti.
La vite era coltivata in gran parte dell’Europa meridionale e in Turchia durante il I secolo D.C. e i vini dell’Egeo e quelli greci in generale erano tra i più stimati, ma secondo Plinio anche i vini italiani cominciavano a godere di pari fama, e la Spagna cominciava ad emergere tra i grossi produttori, invece in Gallia la viticoltura si diffuse nei secoli successivi nelle zone attorno a grandi fiumi: Senna, Loira, Garonna, Rodano, Mosella.
Dopo la vendemmia, l' uva veniva raccolta in una vasca (lacus vinaria) dove si procedeva alla pigiatura, quindi, una volta colmata questa vasca, si aspettava che il mosto si separasse dalle vinacce e, mentre quest’ultime, quando affioravano, venivano torchiate, il mosto passava in una vasca sottostante. In questo secondo lacus, dove poi confluiva anche il mosto delle vinacce torchiate, aveva luogo la fermentazione cosiddetta tumultuosa. Dopo sette o otto giorni si travasava il mosto in grossi doli interrati dove si completava il processo di fermentazione.
Il vino più ordinario veniva consumato o venduto appena limpido, attingendolo direttamente dai doli (vinum doliare), quello di qualità o destinato alla vendita era invece travasato in anfore (vinum amphorarium), dove subiva una serie di trattamenti mirati a garantirne la corretta conservazione. Comunissimo era l’uso di esporre le anfore al calore e al fumo in appositi locali (apotheca e fumarium) oppure quello di aggiungere al vino acqua di mare o comunque salata, secondo un uso già diffuso in Grecia dove si pensava che l’acqua di mare rendesse il vino più dolce e servisse ad evitare il mal di testa del giorno dopo. Il vino invecchiato era estremamente apprezzato a Roma. Un vino come il Falerno non si beveva prima dei dieci anni di invecchiamento, i vini di Sorrento non prima dei venticinque e non era difficile veder consumare vini con più di cent'anni di invecchiamento.
Le anfore di terracotta, solide e affusolate, venivano sigillate con pece, argilla o gesso e collocate nelle celle vinarie con un’etichetta (pittacium) che ricordava il tipo di vino e la data della vendemmia, oppure se destinate al commercio, erano caricate ordinatamente su apposite navi che le trasportavano in tutto il Mediterraneo.
I Romani, secondo Plinio producevano più di ottanta qualità di vino! Il più apprezzato era il Falerno, ma Orazio canta anche il Caleno e il Cecubo, prodotto presso Fondi, e Marziale cita l’Albano. I vini dei romani però erano completamente diversi dai nostri, il vino infatti si beveva mescolato con molta acqua, probabilmente a causa della sua altissima gradazione, e a seconda della stagione poteva essere raffreddato con ghiaccio o scaldato; diffusissimo era inoltre l’uso di addolcirlo con il miele e profumarlo con foglie di rosa, viola e cedro, cannella e zafferano. Quindi il vino "brulé" caldo e speziato, non è un'invenzione francese, anzi viene dettagliatamente descritto da Apicio!... Furono proprio i romani a diffondere la coltivazione della vite in tutto il Nord Europa, dalla Francia alla Germania nelle valli del Reno e del Danubio. Anche allora, come oggi, si usava fare brindisi bevendo alla salute, a Roma si esclamava: "bene tibi, vivas!" oggi invece si dice "prosit!".
Con la caduta dell'Impero Romano e le invasioni barbariche, la viticoltura sopravvisse grazie monasteri e la produzione del vino rifiorì intorno al 1000.

Oggi l'Italia è il più grande produttore ed esportatore mondiale di vini, con oltre 48.000 ettolitri, battendo la Francia e la Spagna e gli effetti salutari del vino soprattutto del rosso, sono oggi riconosciuti dagli ultimi studi medici. Il vino bevuto ai pasti svolge un'azione antiossidante, antinfiammatoria, antimicrobica, e anticancerogena, mettendo poi al riparo dalle malattie cardiovascolari

NEWS SUL VINO

Febbraio 2012 - Italia: record storico con export sopra i 4 mld
La Cina oggi è il mercato in maggior espansione Record storico per le esportazioni di vino italiano nel mondo che hanno superato per la prima volta l'importo record di 4 miliardi di euro, in aumento del 13% rispetto allo scorso anno. E' quanto emerge da una analisi Coldiretti sulla base degli andamenti rilevati dall' Istat nel commercio estero dei primi undici mesi del 2011. Il vino è diventata la voce piu' importante dell'export agroalimentare nazionale con oltre la metà del fatturato all'estero che viene realizzato soprattutto nei Paesi dell'Unione europea, principalmente Regno Unito e Germania. Ma la vera grande sorpresa è la Cina, dove le vendite hanno fatto segnare un prepotente +80%. fonte: TmNews

Febbraio 2012 - Vino bio: arrivano normativa e marchio UE
OK di Bruxelles dopo anni di attesa Dopo anni di attesa, dall'Unione Europea arriva finalmente il via libera al lancio di un marchio europeo per il vino biologico. Nei giorni scorsi è stata approvata a Bruxelles una nuova normativa sul vino da coltivazioni bio, che potrà avere logo UE ed etichette dedicate con la dicitura "vino biologico". Già dalla prossima vendemmia del 2012 infatti, i produttori che coltivano uve senza trattamenti chimici, né manipolazioni in cantina, potranno utilizzare il logo bio dell'Ue, riconosciuto in tutti i Paesi l'Unione europea, che certifica ufficialmente gli ingredienti e i processi prodottivi adottati. fonte: Greenme.it

LO CHAMPAGNE

E' solo nel XVII secolo che nasce il principe dei vini, grazie all’attività di Dom Pierre Pérignon (1639-1725), procuratore dell’abbazia di Hautvillers che si dedicò alla realizzazione dello Champagne spumante. Le sue cure iniziavano già dai vigneti, che dovevano essere di assoluta qualità. Usava solo Pinot nero giunto a maturazione perfetta, scartando gli acini ammuffiti o verdi. Dom Pérignon assaggiava tutte le uve e stabiliva come dovevano essere mescolate. Affinché il succo non prendesse il colore nero degli acini, la pressatura avveniva rapidamente ed il vin gris veniva raccolto e travasato nelle botti. Quando il vino era fatto, si travasava e si chiarificava più volte. Alla luna di marzo Dom Pérignon metteva in bottiglia il suo vino che conteneva dei residui zuccherini non ancora trasformati in alcool. Quest’ultima fase della trasformazione sarebbe poi avvenuta in bottiglia e l’anidride carbonica liberata dalla fermentazione avrebbe poi fatto spumeggiare il vino. Diversamente da oggi, non si aggiungeva zucchero per favorire la spumantizzazione.
Le bottiglie usate dovevano essere solide per resistere alla pressione, si dice che in certi anni più di metà delle bottiglie scoppiassero per la pressione. Alcune vetrerie producevano a questo scopo delle bottiglie a forma di mela, sostituite nel 1700 dalle champenoises a forma di pera. Si trattava naturalmente di bottiglie molto costose il cui prezzo andava ad influire su quello del vino. La chiusura della bottiglia fino alla fine del secolo veniva effettuata con un tappo di legno avvolto in canapa o stoppa impregnata di sego. Si legava il tappo con una funicella di canapa, poi si sigillava con pece e cera. Non vi erano etichette sulla bottiglia, il vino restava in bottiglia per diciotto mesi nella speranza che diventasse spumante, quando non succedeva, doveva essere venduto come vino comune. Dato i forti rischi connessi alla produzione il prezzo dello Champagne era carissimo, come del resto ancora oggi. Si calcola che nel XVIII secolo il costo di una bottiglia di Champagne equivalesse alla paga di quattro giorni di un operaio qualificato, più o meno come oggi.

I NUMERI DEL VINO

Nel mondo si consumano 2,6 miliardi di bottiglie l'anno e l'Italia con 190 milioni di bottiglie è il secondo esportatore dopo la Francia, con un fatturato export pari a 1,9 miliardi di euro.
In Italia le aziende vitivinicole sono oggi poco meno di 1 milione, e producono in media circa 60 milioni di ettolitri di vino, 49% rosso e 51% bianco, il consumo annuo pro-capite di vino è di circa 60 litri.
Dei vini prodotti un 40% è costituito dal vino "da tavola", un altro 40% dal vino IGT e per finire abbiamo i vini piu' pregiati: 323 etichette (per circa 9 milioni di ettolitri) dei vini DOC, e in ultimo, con solo 3 milioni di ettolitri, le 24 prestigiose etichette che si fregiano della definizione di vini DOCG:
Albana di Romagna secco (Emilia-Romagna), Asti o Asti Spumante (Piemonte), Barbaresco (Piemonte) , Bardolino superiore Docg, Barolo (Piemonte), Brachetto d'Acqui (Piemonte), Brunello di Montalcino (Toscana) , Carmignano (Toscana), Chianti e Chianti classico (Toscana), Franciacorta (Lombardia), Gattinara (Piemonte) , Gavi o Cortese di Gavi (Piemonte), Ghemme (Piemonte), Montefalco Sagrantino (Umbria), Moscato d'Asti (Piemonte) , Ramandolo, Recioto di Soave (Veneto), Sforzato di Valtellina (Sfursat), Taurasi (Campania), Torgiano Rosso Riserva (Umbria) , Valtellina superiore(Lombardia), Vermentino di Gallura (Sardegna), Vernaccia di San Gimignano (Toscana),Vino nobile di Montepulciano (Toscana) .

Classifica dei nostri vini più famosi: 1) Barolo; 2) Chianti; 3) Barbera; 4) Brunello di Montalcino. Le marche di vini conosciute sono oltre 100. I Paesi più attratti dai vini italiani sono la Germania (44%), la Gran Bretagna (31%) e gli Stati Uniti (13%). Seguono Francia e Svizzera.
I principali luoghi d'acquisto del vino: supermercato e ipermercato (39%), piccolo dettaglio (10%), enoteca (16%), approvvigionamento diretto (32%) e vendite per corrispondenza (3%).

Ecco il significato delle sigle:
IGT=Indicazione Geografica Tipica.
DOC=Denominazione Origine Controllata.
DOCG=Denominazione Origine Controllata e Garantita.
I vini DOC e i vini DOCG sono definiti vini di qualità se prodotti da regioni determinate (VQPRD, e così i vini liquorosi VLQPRD e i vini spumanti VSQPRD).

GLI SPUMANTI
L' Italia è il terzo produttore al mondo con 360 milioni di bottiglie, dopo Germania e Francia. Sono 278 le denominazioni d'origine che possono produrre un vino spumante, un numero assai ampio, spesso legato a produzioni limitate e addirittura localistiche. Si va dalle etichette per le grandi occasioni alle bottiglie più easy e meno impegnative. Gli spumanti sono diventati il segmento trainante dell'intero comparto enologico italiano.
Allegre e versatili negli abbinamenti, le bollicine sono sempre più trendy, e sono state protagoniste a Vinitaly svoltosi a Verona, dall' 8al 12 aprile del 2010, uno degli eventi più importanti dell'enologia internazionale
Dall'aperitivo al dopo cena, il consumo degli spumanti italiani coinvolge appassionati di tutte le età, perché se per gli adulti e gli esperti la sfida è quella di trovare sempre nuovi abbinamenti con il cibo, per i giovani, grazie alla loro versatilità, le bollicine sono sempre più trendy, predilette soprattutto in compagnia perché mettono allegria. Segmento trainante dell'intero comparto enologico italiano, la destagionalizzazione degli spumanti è una tendenza consolidata, una vera e propria “mania”, in linea con i gusti internazionali e con i bisogni di cucine mondiali diverse.
Nell'ultimo decennio il consumo di bollicine italiane è quasi raddoppiato: questo perché, se una volta erano relegate ai brindisi delle feste, oggi gli spumanti ricoprono tutto l'anno un ruolo da protagonisti, e rappresentano la scelta più gettonata, tra i più classici bianchi e rossi, non solo al momento dell'aperitivo, ma anche a tutto pasto.
Ma i principali consumatori oggi sono soprattutto i più giovani, che amano le bollicine perché le sentono molto vicine al loro modo di essere: semplici, effervescenti e a volte molto chic, le nuove generazioni le preferiscono ai cocktails, ed iniziano a sceglierle anche al ristorante quando sono in compagnia, grazie ad una proposta di prodotti in grado di soddisfare culture alimentari, gusti personali, possibilità econonomiche e abbinamenti a tavola assai differenti.

LE ETICHETTE

Le etichette dei vini sono essenziali per capire cosa effettivamente contiene ogni bottiglia.
Le etichette devono contenere le seguenti indicazioni:

Il nome del produttore (es. GORETTI);

La denominazione del prodotto (cioè il tipo di vino: Moscato, Chianti);

Uno di questi tre aggettivi (ma non sempre): "classico", "riserva", "superiore".
Viene definito classico il vino che viene prodotto con uve provenienti da una riconosciuta zona di produzione.
Viene definito riserva quando è invecchiato più del tempo minimo di invecchiamento previsto dal protocollo.
Viene definito superiore quando la gradazione alcolica supera (in genere di un grado) il minimo previsto.

Se è un vino IGT, DOC o DOCG può indicare il millesimo, cioè a dire l'anno della vendemmia (indicazione obbligatoria solo per i DOCG);

il tipo di vino (per es.: secco, abboccato, amabile);

La gradazione alcolica, per es.: 12,5. però a volte questa cifra può apparire seguita da un'altra (per es.: 7,5 + 2,5).
il 2,5 si riferisce alla gradazione potenziale alcolica non svolta, cioè a dello zucchero che, avendo il vinificatore escluso le ultime fasi fermentative, è stato fatto rimanere nel vino, conferendogli una maggiore dolcezza);

La capacità (in genere 750 ml. E). la E sta a significare che si tratta di una capacità riconosciuta a livello europeo;
La scala Europea è la seguente: il quarto, o chopine (0,185 lt.); la mezza, o fillette (0,375); la champagnotta, o bouteille (0,75); la magnum (lt. 1,5); la double magnum, o Jéroboam (3 lt.), la Réhoboam (4,5 lt.), la Mathusalem (6 lt), la Salmanazar (9 lt), la Balthazar (12 lt), la Nabuchodonosor (15 lt) e la Melchior (18 lt).
Numero del registro di imbottigliamento e sigla della provincia nella quale è stato imbottigliato. come per esempio r.i. 88 bo (cioè registro di imbottigliamento n. 88 della provincia di Bologna); la si può trovare nella retroetichetta, sul tappo o nel collarino;

Il nome dell'imbottigliatore;

Il paese, inteso come nazione, di produzione;

Nei migliori spumanti prodotti col metodo champenois viene indicata anche la data di sboccatura, cioè il momento in cui si eliminano i residui di feccia depositatisi sul collo della bottiglia tenuta capovolta, si aggiunge il così detto liqueur d'expedition, e si chiude la bottiglia col classico tappo di sughero a forma di fungo. La data di sboccatura non deve mai essere inferiore di 2 anni alla data in cui viene commercializzato.

COME ASSAGGIARE UN VINO CONSIGLI DEL SOMMELIER

Analisi visiva: inclinare il calice mantenendo un'angolazione di 45°, al fine di osservare il vino sia nella parte di maggior spessore, sia dove si forma l'unghia, ovvero dove il vino appare di un colore diverso rispetto al resto del calice.
E' importante avere un'illuminazione diretta e porre dietro il bicchiere un foglio bianco. In questo modo è possibile valutare il colore, la consistenza la tonalità e la fittezza della colorazione.
Far roteare il vino all'interno del calice così da avvinare le pareti sulle quali rimarranno i cosiddetti "archetti" o lacrime, frutto dell'effetto Marangoni, dal nome dello studioso italiano che spiegò il movimento provocato nei liquidi dalla tensione superficiale. Più il vino è ricco di alcol e più fitti e numerosi sono gli archetti.
L'analisi visiva valuta in un vino:
limpidezza: data dalla presenza o meno di particelle in sospensione. Ogni vino possiede una propria luminosità, definita cristallina. Tale caratteristica è maggiormente presente nei vini bianchi, poiché quelli rossi assorbono di gran lunga la luce. Altresì, sono definiti brillanti quei vini che riflettono con vivacità i raggi luminosi, riscontrabile nella maggior parte dei casi nei vini spumanti.
colore: viene definito attraverso l'analisi dell'intensità, tonalità e vivacità. Esistono differenti termini descrittivi a seconda del tipo di vino o a seconda dei propri gradi. In quest'ultimo caso si parla di "carico" o "scarico".
fluidità: definita in relazione alla consistenza del vino; si passa dal fluido al consistente, fino al viscoso, aggettivo riservato per quei vini ad alto grado alcolico e con un residuo zuccherino elevato.
effervescenza: analizza singolarmente le grana delle bollicine, li loro numero e persistenza in risalita.

Analisi olfattiva: portare il bicchiere di vino vicino al naso. Inspirare profondamente prima a vino fermo, poi a vino in movimento.
Per evitare l'anestetizzazione dell'olfatto, allontanare il calice di vino ad intervalli regolari.
Appena annusiamo il vino per la prima volta, risulta evidente come la componente alcolica sembra impedirci di individuare i profumi, riusciamo, infatti, a distinguerne altri soltanto quando ci siamo assuefatti al primo odore.
L'analisi olfattiva valuta intensità, persistenza, qualità (finezza, freschezza, pulizia, gradevolezza) di un vino. Altresì, fornisce una descrizione degli aromi percepiti.
L'intensità valuta l'impatto olfattivo, definito da carente o molto intenso.
La persistenza definisce la quantità di profumi che si possono ritrovare nel bicchiere.
La qualità è la giusta sintesi tra intensità e persistenza, ma che tiene conto do come esse si esprimono in termini di finezza, freschezza, pulizia e gradevolezza.
E' necessario, pertanto, arrivare ad avere una giusta descrizione dei profumi cercando di individuare, in primis, la famiglia di riferimento in cui la moltitudine dei profumi è ripartita.

Di seguito il diagramma delle famiglie dei profumi:

Fruttato agrumi pompelmo limone arancio frutti di bosco mora lampone fragola ribes nero bacche di sambuco gelso uva spina frutti da albero ciliegia albicocca pesca mela cotogna mela susina frutti tropicali ananas melone banana litchi mango papaia frutta secca confetture uva passa fichi secchi prugne secche
Chimico petrolio petrolio catrame sulfureo gomme mercaptano uova marce sudore alcol olio di flemma acidi volatili aceto acetone
Balsamico legno vaniglia resina cedro quercia pino aromi tostati fumo toast chicchi di caffè cera candele
Vegetale piante erba menta salvia eucalipto timo legno verde pepe verde
verdure asparagi cotti cavolo cotto carciofi peperone verde piante essiccate fieno tè tabacco
Animale aromi animali cuoio topo muschiato cavallo carne frollata aromi forti urina di gatto letame tartufo
Microbiologico lieviti pane brioche fioretta lattei latte formaggio crauti
Speziato liquirizia anice pepe nero vaniglia chiodi di garofano Cannella noce moscata
Caramellato miele burro cioccolato cacao zucchero di canna
Floreale Acacia Violetta Rosa Geranio Biancospino
Terroso champignon muschio foglie umide muffa
Di noce noce nocciola mandorla