LIBRO CUCINA GRATIS

IL LIBRO

DELLA CUCINA REGIONALE ITALIANA

di Alma Centorame e Chris Fanucci

© 2004

(www.ilmiositoweb.it/libro)


IL NOSTRO MANUALE GRATIS

  SCUOLA DI CUCINA  

  •     I   P R I M I      
  •     L A   C A R N E  
  •     I L   P E S C E    
  •     I   D O L C I      
  • SCUOLA DI CUCINA
    I PRIMI PIATTI

    Spaghetti

    LA PASTA


    La pasta per noi italiani rappresenta il Primo piatto per eccellenza, mentre all'estero dove ancor oggi siamo soprannominati "spaghetti" o "maccaroni" è molto meno diffusa.
    E' naturale quindi che ci si ponga la domanda:

    CHI HA INVENTATO LA PASTA?
    Nel 2005 un gruppo di archeologi cinesi scavando in un villaggio del neolitico nei pressi della cittadina di Laja, vicino al fiume Giallo, nel nord ovest della Cina ha scoperto un piatto di spaghetti. Analizzando il reperto con il metodo del carbonio 14, i ricercatori dell'Accademia delle scienze e dell'Istituto di archeologia cinesi hanno datato a 4000 anni l'età del più antico piatto di spaghetti della storia. Una scoperta che ruba all'Italia ogni ipotesi di primato dell'invenzione della pastasciutta. La pasta ritrovata assomiglia molto agli spaghetti del tipo La-Mian, anche oggi prodotti con la tecnica tradizionale cinese che consiste nel tirare e allungare ripetutamente a mano l'impasto.
    Comunque se i cinesi hanno inventato gli spaghetti, la pasta, come il pane, probabilmente era già stata scoperta da secoli, autonomamente, da tutti i popoli che si cibavano dei cereali. I cereali vennero dapprima utilizzati grazie alla raccolta dalla vegetazione spontanea, poi selezionati e coltivati. Nel bacino del Mediterraneo già in tempi remoti si svilupparono coltivazioni di frumento, farro e orzo, grano saraceno nell'Africa settentrionale, nel Nord europeo avena, e segale nei paesi anglosassoni. In tappe successive, si arrivò alla macinazione e alla farina, all'impasto, alla sfoglia e alla pasta. Un impasto molto simile alla pasta attuale, fu usata dai romani e dagli etruschi, visto che in una tomba di Cerveteri sono raffigurati coltelli, mattarello e una rotella che sembra quella ancora in uso per la preparazione dei ravioli (pare che gli etruschi e i romani preparassero e cucinassero lasagne di farro, un cereale piu' resistente del grano, ora tornato di moda).
    E' certo che i romani furono i primi a descrivere la pasta. Le lagane romane certamente erano simili alle attuali lasagne ed erano a base di farina. Il piu' antico libro di ricette romane, scritto da Apicio, raccomandava di utilizzare "le duttili lagane per racchiudervi timballi e pasticci". Viene riferito anche che "Orazio, che amava la vita semplice e rustica, preferiva mangiare una scodella di porri, ceci e lagane a casa sua, piuttosto che frequentare le feste e i banchetti della corte di Augusto".
    In uno scritto del 1154, il geografo di origine araba Al-Idrisi, al servizio di Ruggero II, scrive che vicino a Palermo, a "Trabia" si fabbricava pasta a forma di fili (Tria in arabo), e parla del commercio della pasta, molto sviluppato in tutto il Mediterraneo. In Puglia le lasagne secche ancora oggi vengono chiamate "Tria".
    Il debutto dei maccheroni nella lingua italiana si ha col Decameron (1348-53), nella famosa descrizione che Maso del Saggio fa allo sciocco Calandrino del paese di Bengodi: "...ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattato, sopra la quale stavano genti che niuna altra cosa facevano che fare maccheroni e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quinci giù..." Boccaccio probabilmente sentì usare il termine "maccheroni" a Napoli, dove aveva soggiornato a lungo.
    La produzione su larga scala si ha già dal XV secolo, epoca in cui esistevano pastifici veri e propri in Liguria, Sicilia, Sardegna e a Roma. A partire dal Cinquecento la pasta valica i confini strettamente italiani per conquistare il mondo. La troviamo prima di tutto in Francia, grazie a Caterina de'Medici e ai suoi cuochi che contribuirono a diffondere la cucina rinascimentale italiana.
    Naturalmente il condimento non era il pomodoro che proviene dall'America, ma probabilmente burro e formaggio. Non per niente è famoso il detto "Come il cacio sui maccheroni". Ed era un piatto povero, che spesso veniva venduto agli angoli delle strade e veniva mangiato con le mani, infatti fu solo attorno al 1700, che un ciambellano di corte di Re Ferdinando II, tal Gennaro Spadaccini, ebbe l' idea di utilizzare una forchetta con 4 punte per poter servire gli spaghetti alla tavola del Re.

    LA PASTA OGGI:
    Innanzitutto bisogna fare una distinzione fondamentale tra i tre importanti tipi di pasta prodotti. Si può avere la pasta casalinga, la pasta fresca artigianale oppure la pasta di produzione industriale. La composizione varia nella farina (di grano tenero per la pasta fresca, duro per quella industriale) e nel numero delle uova (5 per Kg. in quella industriale e fino a 10 in quella casalinga), la cottura per la pasta fresca deve essere molto più breve.
    In Italia la pasta secca è per legge, confezionata con la semola di grano duro (Triiticum durum), mentre la farina di grano tenero (Triticum vulgare) viene usato per la per la confezione casalinga della pasta all'uovo, del pane ecc. Il grano duro cresce nei terreni assolati e rudi del Sud Italia, quello tenero preferisce un clima più umido come quello della Pianura Padana. Ecco quindi, l'origine della differenza dei consumi tra pasta secca al Sud e pasta all'uovo al Nord. Purtroppo la normativa europea permette oggi di produre la pasta industriale utilizzando una parte di farina di grano tenero, con il risultato che probabilmente i pastifici italiani subiranno la concorrenza di paste estere di qualità inferiore.
    La pasta è composta da: acqua, protidi, lipidi e glucidi. I protidi contenuti anche in altri alimenti, si differenziano per la quantità e la qualità degli aminoacidi presenti. Le differenze condizionano il valore nutritivo dei protidi, che, nel frumento, dal quale si ricava il grano duro, è basso mentre è molto elevato nella carne, nel latte, nell’uovo, nel formaggio e nel pesce. Ecco perché per avere un nutrimento bilanciato è necessario condire la pasta.
    Questo alimento, è oggi raccomandato nella dieta mediterranea, dopo essere stato ingiustamente accusato di apportare troppe calorie, in effetti le calorie sono più nel sugo che nella pasta e 80 - 100 gr. di pasta apportano una giusta quantità di calorie.

    CONSIGLI PER LA COTTURA:
    Molto importante per la cottura della pasta è l’acqua. La proporzione deve essere di 1 a 10, cioè per ogni 100 gr di pasta necessitano un litro di acqua. La pasta va versata quando l’acqua bolle. Mentre in antichi testi di cucina, si parla di cotture lunghissime, è sempre consigliabile una cottura al dente che rende la pasta più digeribile. Oggi ci si può regolare facilmente leggendo le istruzioni sulle confezioni, ma il modo più sicuro sta sempre nell’assaggiare la pasta qualche minuto prima del tempo consigliato.
    La pastasciutta è un piatto che va sempre servito fumante quindi bisogna avere pronti i piatti, il condimento e gli ospiti già a tavola.
    Altro consiglio importante è quello di scegliere il formato di pasta adatto al sugo. Infatti anche se la composizione è la stessa, il sapore cambia a seconda del diverso rapporto che ogni formato di pasta ha tra la superficie e il peso. Formati corti e grossi richiedono sughi sostanziosi e saporiti mentre un piatto di spaghetti può essere condito solo con aglio, olio e peperoncino. Quindi il consiglio è di seguire sempre ricette tradizionali come quelle presentate da noi.


    Risotto

    IL RISO

    LE ORIGINI DEL RISO e la sua diffusione in Italia.
    Il riso asiatico selvatico (Oryza sativa) è originario di una vasta regione che si estende dall’India orientale fino alla Cina meridionale. In quei territori, compresi nella fascia tropicale e sub-tropicale delle piogge monsoniche, il riso sviluppò una sorprendente variabilità che gli consentì di colonizzare i più diversi ecosistemi, pur necessitando comunque di terreni paludosi o facilmente allagabili per diversi mesi all'anno.
    Già 15.000 anni fa il riso selvatico costituiva una importante fonte di cibo per le popolazioni preistoriche del sud-est asiatico come la Thailandia, il Vietnam, la Corea e la Cina. I più antichi resti di riso coltivato sono stati trovati dagli studiosi nella Cina orientale e nell’India nord-orientale e risalgono a oltre 7.000 anni fa.
    In Europa i primi a conoscere il riso furono i Greci, dopo la conquista dell’Asia da parte di Alessandro Magno. Teofrasto fu il primo a descrivere il riso nel suo trattato sulla storia delle piante. Secondo Aristobolo nel IV secolo avanti Cristo, il riso si coltivava nella Battriana (Afghanistan) e in Mesopotamia (Iraq). Nel mondo romano si conosceva il riso come un raro medicamento che, secondo Orazio, veniva prescritto ai pazienti più ricchi.
    La colonizzazione araba introdusse la coltivazione del riso dall’Egitto alla Spagna, probabilmente poco dopo il 1000 d.C. favorendo poi la diffusione del riso in Europa.
    Intorno al 1500, con l’avvio della coltivazione in Lombardia il riso, da prodotto medicinale di uso esclusivo degli speziali, divenne un elemento dell’alimentazione dei Lombardi. Dalla Lombardia la coltivazione del riso si estese con rapidità al Piemonte e a tutte le zone paludose della Pianura Padana, ma principalmente nel Vercellese. Già nel 1700 le risaie del solo territorio milanese coprivano una superficie di oltre 20.000 ettari.

    LE VARIETA' DI RISO


    Il riso italiano si suddivide in quattro gruppi : comune o originario, semifino, fino e superfino; mentre la classificazione europea distingue riso tondo (lungo fino a 5,2 mm), medio (da 5,2 a 6 mm), lungo A (oltre i 6 mm ma con una forma tozza), lungo B (oltre i 6 mm ma con una forma affusolata). In entrambi i casi, si prendono in esame le dimensioni del granello, da cui dipende il tempo di assorbimento dell'acqua e il comportamento del riso durante la cottura.
    Il riso comune si definisce anche "tondo", cuoce velocemente (12-13 minuti), ma tende a scuocere: si usa perciò particolarmente per le minestre in brodo o nei dolci di riso.
    Il riso "medio" è ideale invece per risotti e le minestre, quando cioè il chicco deve cuocere più a lungo (13-15 minuti) ma deve mantenere la sua consistenza. È adatto per i contorni e i supplì.
    Il riso "lungo", infine, tiene bene la cottura e si presta a gran parte delle preparazioni, dagli antipasti alle insalate. La cottura dura almeno 14-16 minuti ma può arrivare anche a 20 minuti nei risotti.
    Nel commercio la distinzione del riso avviene per varietà: sui pacchetti di riso non troviamo scritta la forma ma la varietà.
    ECCO LE VARIETA' PIU' CONOSCIUTE:

  • Carnaroli: ideale per risotti, cotto in 16-17 minuti;
  • Arborio: ideale per risotti, cotto in 16-17 minuti;
  • Vialone nano: ideale per risotti, cotto in 16-17 minuti;
  • S. Andrea: ideale per risotti, cotto in 16-17 minuti;
  • Padano: ideale per arancini, cotto in 15 (al dente) o 18 minuti;
  • Baldo: ideale per insalate, bollito in 14-15 minuti;
  • Ribe Parboiled: ideale per risotti, cotto in 15-16 minuti;
  • Thaibonnet Parboiled: ideale per insalate, bollito in 17-18 minuti;
  • Originario o comune (varietà Balilla): ideale per dolci, cotto in latte in 15 minuti.


  • SCUOLA DI CUCINA
    LA CARNE

    Porchetta

    Per alcune centinaia di millenni l’uomo preistorico ha condotto la sua esistenza uccidendo prede selvatiche per nutrirsi. L’allevamento del bestiame sorge nell’ambito delle culture neolitiche che avevano avviato il fenomeno della sedentarizzazione degli insediamenti e avevano intrapreso la coltivazione di alcune piante, disponendo così anche dei foraggi, necessari per nutrire il bestiame per l’intero ciclo annuale.
    L’allevamento del bestiame e la coltivazione furono tappe rivoluzionarie nell’emancipazione dell’uomo, in quanto gli offrivano la possibilità di controllare le proprie riserve alimentari.
    La domesticazione degli ovicaprini, dei bovini e dei suini ebbe luogo tra il IX e il VII millennio a.C. nel Vicino Oriente. Dopo infruttuosi tentativi di addomesticare la gazzella, i primi animale ad essere domesticati furono, la capra e la pecora che divennero le prime specie allevate in greggi e poi il maiale che deriva dal cinghiale comune, è animale tipico dall’indole pigra e con tendenza all’impinguamento, molto ricercato per la carne e per il grasso facilmente conservabile.
    L’allevamento dei bovidi è più tardo, attestato in Mesopotamia, nell’altopiano iranico, nel Turkestan e in seguito nei siti del neolitico egiziano e nelle civiltà della valle dell’Indo. L’importanza di questa specie è maggiore ai fini dello sviluppo culturale del mondo antico, perché fu usata come mezzo da traino, e per l'aratura dei campi, oltre che per il latte e la carne.
    La domesticazione del cavallo risale alla fine del V millennio a.C. nelle regioni steppiche orientali, tra Turkmenistan e Kazakistan, e si diffuse verso gli altopiani iranici, la valle dell’Indo e le steppe russe. Usata all'inizio come cavalcatura dai ricchi o nobili. L’uso come mezzo da traino viene fatto risalire all’apparizione di veicoli con ruote raggiate sullo scorcio del III millennio a.C., divenendo diffuso anche l’impiego per la trazione di carri da guerra: dai regni babilonese, assiro, dall’Egitto si diffonde presto anche in Europa. L'uso della carne equina in Italia non è molto diffuso, e rimane limitato tradizionalmente ad alcune regioni.
    Tra gli animali da cortile oltre alle anatre e le oche, va menzionata la gallina: si trattava in origine di una piccola folaga selvatica originaria del Subcontinente Indo-Pakistano, localmente addomesticata tra 4° e 3° millennio a.C., e quindi gradualmente diffusa sui navigli commerciali dalle coste del Golfo Persico verso l’Egitto e oltre. Già apprezzato presso le città della Magna Grecia per la carne e le uova, il pollame si diffuse nella penisola Italiana nel corso dell’età del Ferro; tuttavia solo in età Romana, si trasformò nel fenomeno di consumo di massa che perdura tutt’oggi.
    Naturalmente lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento comportarono una graduale contrazione dell’importanza economica della cacciagione, che rimane tuttavia importante fin quasi ai nostri giorni sia per l'alimentazione che come attività riservata prima ai nobili e poi agli sportivi. Volatili in genere e poi lepri, cervi, caprioli, cinghiali sono tra gli animali più cacciati anche oggi.

    Come cuocere la carne:

    I VARI TIPI DI COTTURA.
    I sistemi principali di cuocere la carne sono l'arrostitura, la bollitura (bolliti, brasati, umidi) e la frittura che è un metodo di cottura indicato per i piccoli tagli. Con l'arrostitura i valori nutritivi rimangono racchiusi nella carne attraverso il processo di sigillatura (mediante scottatura, impanatura o infarinatura) che provoca la chiusura immediata di tutti i pori e ne conserva quindi intatti i succhi naturali. La bollitura trasferisce invece gran parte dei valori nutritivi della carne al brodo o al sugo.
    SIGILLATURA PER SCOTTATURA
    La sigillatura per scottatura caratterizza le carni soprattutto bistecche, paillards, arrosti, hamburghers) che vengono cotte senza protezione di impanatura o infarinatura, direttamente nel condimento (olio, burro). Perché la carne sia protetta e la sigillatura sia rispettata a dovere è quindi indispensabile mettere la carne a contatto del condimento quando questo è bollente. Anche nella preparazione alla griglia occorre che la piastra sia bollente.
    SIGILLATURA CON IMPANATURA
    E' conveniente preparare la carne impanata solo all'ultimo momento perché la mollica di pane grattugiata non possa assorbire i succhi della carne impregnandosi cosí di umidità. Per l'impanatura vera e propria è sufficiente passare la carne prima nell'uovo battuto ma non necessariamente anche nella farina (quest'ultimo suggerimento è però proposto comunque anche da esperti gastronomi). E' bene inoltre salare la carne solo a cottura ultimata dopo che è stata separata dal condimento.
    SIGILLATURA CON INFARINATURA
    L'infarinatura dona alla carne una leggera patina carnosa e la protegge da bruciature; inoltre, se durante la cottura si aggiunge un poco di liquido qualsiasi (brodo, acqua, marsala, latte, panna liquida ecc.), si ottiene un'ottima salsetta. Un esempio tipico di questo metodo sono le « scaloppine ». La rosolatura deve sempre avvenire dolcemente, se non si vuole rischiare di bruciare la carne.
    DORATURA (per cervella e piccole frattaglie)
    Per la doratura la carne deve essere passata prima nella farina e quindi nell'uovo leggermente sbattuto, poi fritta in olio bollente. Si usa soprattutto per la frittura di piccoli tagli di carne come cervello, animelle, schienali, ecc...
    PASTELLA per frittura
    Per ottenere una buona pastella occorre stemperare adagio 4 cucchiaiate di farina con una quantità di acqua fredda sufficiente a ricavare un miscuglio omogeneo, denso come una crema. Non è necessario che tale composto sia molto lavorato. Si deve aggiungere poi un pizzico di sale, due cucchiai d'olio e all'ultimo un paio di cucchiai di albume montato a neve e mescolato al resto con molta leggerezza. A questo punto la pastella è pronta per essere subito utilizzata.

    BOLLITO
    Praticamente la bollitura è il piú semplice e conosciuto impiego di cottura della carne. II modo migliore per permettere alla carne lessata di conservare l'intensità del suo sapore è quello di immergerla in acqua salata in ebollizione: (nella dose di 2 litri per ogni 600 grammi grammi di carne) lo strato di albumina che si verrà immediatamente a coagulare intorno alla carne, a contatto con l'acqua bollente, le consentirà di mantenere intatte tutte le sue proprietà nutritive (a scapito, s'intende, del brodo.) Ponendo invece la carne a freddo nel liquido opportunamente salato questa risulterà spugnosa e priva di gusto poiché avverrà appunto il processo contrario e, allora, tutto il gustoso sapore rimarrà invece nel brodo.
    In ogni caso, comunque, le erbe aromatiche necessarie a completare il gusto del brodo (sedano, carota gialla, un pezzetto di polpa di pomodoro senza semi, una cipolla con un chiodino di garofano conficcato dentro, e un mazzetto di odori a seconda delle preferenze personali) dovranno essere immersi nel liquido quando questo sta già bollendo. L'ebollizione deve poi continuare lentissima, regolare e a recipiente coperto, ricordandosi di rastrellare di tanto in tanto con la paletta rotonda forata (detta appunto « schiumarola »), quel particolare strato di schiuma che andrà formandosi man mano in superficie.
    Molto importante per la riuscita del bollito è la salatura dell'acqua da calcolarsi nella percentuale di circa 7 grammi di sale per ogni litro d'acqua. La mancanza totale di sale nel liquido di cottura, provoca infatti la fuoriuscita dei sali stessi contenuti nella carne rendendola insapore. Per ottenere un bollito succoso è anche indispensabile che le carni siano ben frollate. I tempi di cottura per un normale bollito di manzo sono 3 ore circa, a fuoco molto lento; l'uso di una pentola a pressione consente di prepararlo molto piú rapidamente. Parti del manzo piú indicate per fornire un buon bollito sono: punta di petto, croce, reale bianco, costato, garretti, testina, coda, ossa con midollo ecc..); molto apprezzato è il cosiddetto bollito « misto », composto da un pezzo di manzo, 1/4 di tacchinella (parte dell'ala e del petto) o un mezzo pollo. Volendo aggiungere un pezzo di lingua e di testina di vitello e completare il bollito « misto » a dovere, cioè con un cotechino, sarà bene cuocerli a parte e poi unirli alle altre carni nel piatto di servizio.

    ARROSTO
    La cottura arrosto conserva alla carne tutte le sue sostanze nutritive, ben protette dallo strato di coagulazione attraverso la sottile crosticina che si forma per effetto del calore. Fanno parte della categoria degli arrosti sia quelli cotti al forno, alla graticola, allo spiedo, sia gli arrosti cosiddetti « morti » cioè cotti in casseruola o padella a recipiente coperto, con condimento di olio o burro. Se la carne si dovesse presentare un po' asciutta è consigliabile avvolgerla con fettine sottili di lardo (da eliminarsi poi prima del termine di cottura) o lardellarla con piccoli filetti di pancetta. Come condimento si può utilizzare sia olio che burro o margarina vegetale. I tagli utili per l'arrosto di manzo e di vitello sono: la « coscia », da cui si ricava la « fesa » collocata all'interno sotto l'osso dell'anca (che, se molto ben lardellata, è anche sfruttabile per brasati).
    ARROSTO MORTO
    Prima di tutto occorre legare la carne con uno spaghino perché mantenga intatta la sua forma durante la cottura. Si deve porre quindi la carne in un tegame insieme a un bicchiere circa di olio o 100 grammi di strutto o di burro (calcolati in proporzione a 1 chilo di carne). Accorgimento importante è, a questo punto, alzare subito il fuoco perché avvenga la sigillatura della carne; si prosegue poi la cottura a calore moderato dopo che il pezzo avrà preso un bel colore bruno. Se l'arrosto tende a colorarsi troppo, è opportuno aggiungere qualche cucchiaio di acqua oppure di brodo.
    ARROSTO AL FORNO
    La preparazione dell'arrosto al forno è il metodo di cottura piú sbrigativo e semplice. Il pezzo di carne deve essere preparato opportunamente, picchiettandolo con qualche filettino di lardo, steccandolo con erbe aromatiche e avvolgendolo, volendo, anche in fette sottili di lardo o prosciutto per rendere la carne morbida e gustosa. Il forno deve essere caldissimo (cioè tra i 270° e i 300°), quando vi si introduce la carne cosí preparata; ciò si rende necessario per aiutare la formazione di una crostina in superficie che impedisca la fuoriuscita di succhi nutritivi. Il forno va quindi mantenuto per tutta la cottura a calore sostenuto (280°) evitando però di prolungare piú del dovuto la cottura per non rendere secca la carne.
    ARROSTO ALLA GRIGLIA
    Per la perfetta esecuzione di un «arrosto alla griglia» il combustibile migliore è senz'altro il carbone di legna ridotto a brace incandescente, ma si possono usare anche delle griglie applicabili sui fornelli a gas o placche elettriche. L'arrosto alla griglia si adatta ad ogni tipo di carne, tenendo presente però che il pezzo da arrostire non deve essere rivoltato continuamente ma una sola volta a metà cottura. Le carni rosse esigono una preparazione diversa da quelle bianche; le prime, infatti, devono essere unte precedentemente e poste sulla griglia a fuoco elevato perché sia possibile l'immediata formazione di una crosta che conservi tutti i succhi nutritivi e il gustoso sapore della carne. Le carni bianche invece non devono essere sottoposte a calore eccessivo e vanno bene irrorate e spennellate di burro fuso durante la cottura. Norma obbligatoria da seguirsi è quella di salare la carne solo alla fine della cottura.
    ARROSTO ALLO SPIEDO
    La cottura allo spiedo è la forma piú pura di cucina e senz'altro quella piú vicina alla natura. Naturalmente la difficoltà pratica di fare arrostire oggigiorno la carne su fuoco di legna ha portato alla creazione di nuovi metodi di cottura più sbrigativi, di cui il piú recente è il moderno girarrosto elettrico a raggi infrarossi. Sarebbe però preferibile usare, per ottenere un arrosto particolarmente gustoso, un vero girarrosto composto cioè da una grande conchiglia di ghisa (in cui porre la carbonella) e dal girarrosto vero e proprio, con la leccarda atta a raccogliere il grasso durante la cottura. Il sale deve essere aggiunto solo a ultimata perché non impedisca la formazione della crosticina bruno-dorata. Il filetto di bue deve essere lardellato e tenuto per 2 ore prima della cottura in una marinata composta di olio, pepe e poco limone. Le carni vanno steccate con rametti di rosmarino e aglio, cospargendole infine con un po' di pepe macinato al momento. L'arrosto allo spiedo richiede comunque molto tempo, attenzione e pazienza.

    LA CARNE IN UMIDO (SPEZZATINO, STUFATO, BRASATO)
    Per la buona riuscita della cottura « in umido », la carne deve essere posta in un tegame con il fondo di metallo pesante in cui il fondo di cottura non si attacchi, e fornito di un coperchio che chiuda ermeticamente perché durante la cottura non vadano dispersi gli aromi e il sapore delle verdure tagliate piú o meno finemente secondo il tipo di preparazione. Per l'esecuzione base della cottura in umido di un pezzo di carne di peso medio (circa 1 chilo) si deve porre in una casseruola poco olio insieme a un battuto eseguito con 100 grammi di lardo grasso, un pezzetto di aglio e un ciuffetto di foglie di prezzemolo mondate e, appena questo trito è liquefatto, occorre aggiungere la carne e lasciarla rosolare dolcemente. Appena avrà preso una bella colorazione scura uniforme, si può condire con sale e pepe, poi si bagna con mezzo bicchiere di vino bianco secco e si continua a farla cuocere fino a che il vino sarà del tutto evaporato. A questo punto si toglie la carne dal recipiente, tenendola a parte in caldo. Si deve aggiungere allora nella medesima casseruola un trito preparato con due cipolle, una costola di sedano e un pochino di foglie di prezzemolo. Occorre lasciare soffriggere questo composto molto adagio fino a quando avrà raggiunto un aspetto disfatto e morbido e un colore biondo scuro. Si ricolloca poi nello stesso recipiente la carne già rosolata e, dopo averla ben mischiata alla poltiglia di legumi aromatici per una decina di minuti, vi si aggiunge la polpa di pomodori pelati oppure qualche cucchiaio di concentrato di pomodoro diluito con un poco di acqua calda. Dopo una mescolata, si deve infine bagnare il tutto con brodo caldo calcolando una proporzione tale di liquido da ricoprire completamente il pezzo di carne. È molto importante allora chiudere la casseruola con il suo coperchio e diminuire il calore in modo che la carne possa cuocere lentamente, permettendo cosí al sugo di addensarsi e di arricchirsi di sapore. Rientrano in questo medesimo genere di cottura gli spezzatini, lo stufatino e gli involtini in salsa, che saranno trattati di volta in volta nelle varie ricette. Il tempo di cottura per un pezzo di carne medio (di 1 chilo) è di 2 ore abbondanti.
    BRASATO
    Per ottenere un buon brasato serve molto tempo e pazienza . Il vantaggio è quello ottenere un piatto molto saporito utilizzando tagli di carne di seconda scelta e di conseguenza piú economici. Per preparare un brasato di manzo occorre anzitutto basarsi sul tipo di taglio scelto per esempio, trattandosi di girello e spalla sarà utile lardellare la carne; se invece si ha a disposizione del controgirello, piccione, scannello (parti abbastanza magre), sarà indispensabile fasciare il tutto con sottili fette di lardo, filetto e il lombo invece non necessitano di operazioni essendo già sufficientemente grassi di per sé. Poi si procede come per la carne in umido, allungando il sugo con del buon vino rosso (barbera, barolo) anziché con il brodo.





    SCUOLA DI CUCINA
    IL PESCE

    Tutti i pesci

    IL PESCE
    Il pesce è molto importante per l'alimentazione umana, e lo sarà sempre più, divenendo la principale riserva di proteine animali, in quanto aumentando la popolazione del mondo, bisognerà attingere sempre di più alle riserve del mare e degli oceani che coprono il 99% della superficie del globo e sono un immenso patrimonio di alimenti.
    In tutto il mondo l’industria della pesca di mare e di acqua dolce produce un fatturato di oltre 130 miliardi di dollari, impiega almeno 200 milioni di persone e nutre miliardi di uomini e donne per cui il pesce è un nutrimento essenziale.
    I prodotti ittici rappresentano per oltre un miliardo di persone un’importante fonte di proteine e di preziosi grassi saturi. Ma anche nel campo della pesca, bisogna evitare tutti gli eccessi, negli ultimi 50 anni la quota di pescato nei mari è quadruplicata. Le flotte di pescherecci industriali che si avvalgono delle tecnologie più moderne e di metodi di pesca distruttivi hanno decimato la vita nei mari. Ogni anno vengono pescate circa 86 milioni di tonnellate di pesce marino, una cifra quadruplicata rispetto a 50 anni fa. La sopravvivenza di molte specie presenti sulle nostre tavole è a rischio, tra queste il merluzzo bianco, l’ippoglosso atlantico (Halibut), la rana pescatrice (Coda di rospo), lo scorfano e il pescespada. Ancora peggiore è la situazione del tonno rosso e di numerose specie di squali e di razze, che potrebbero addirittura estinguersi.
    La pesca eccessiva ha conseguenze particolarmente gravi. Se si desse loro un po’ di tregua, alcune specie che si riproducono velocemente, come il merluzzo e il nasello, potrebbero ristabilirsi in tempi relativamente brevi. Ma per le specie che raggiungono tardi la maturità sessuale e generano una prole ridotta come la rana pescatrice, lo scorfano e il pesce specchio atlantico, la pesca indiscriminata può avere conseguenze molto gravi. La pesca non deve compromettere la struttura, la varietà e la produttività del relativo ecosistema e di tutte le specie che lo abitano.
    Poiché la maggior parte delle navi da pesca è specializzata nella lavorazione di una o di poche specie ittiche, spesso molti pesci commestibili vengono gettati fuori bordo interi o a brandelli. circa l’80% degli esemplari catturati accidentalmente viene gettato fuoribordo come immondizia, con gravi conseguenze per la riproduzione della specie. La pesca delle sogliole e delle platesse si ripercuote in modo massiccio sugli invertebrati: per ogni 450 grammi di prodotto portato sui banchi del mercati ci sono circa 7 chili di pesci scartati.
    Se non vogliamo che in futuro il pesce diventi un prodotto di lusso dai prezzi vertiginosi è necessario utilizzare tecniche di allevamento sostenibili. Il pesce d’allevamento biologico è sempre un’ottima scelta. Esistono già allevamenti che rispettano i criteri di sostenibilità ittica. È quindi possibile consumare tranquillamente tutti i pesci provenienti da allevamenti biologici.
    Ma non tutte le acquacolture sono sostenibili per l’ambiente. Infatti, spesso i pesci d’allevamento sono nutriti con farina e olio di pesci appositamente pescati, e non con gli scarti della pesca, per questo motivo anche gli allevamenti contribuiscono a depredare i mari. Per produrre un chilo di pesce d’allevamento sono necessari quattro chili di mangime di origine ittica. Le acquacolture si diffondono a ritmi vertiginosi in tutto il mondo. Nel 1970, appena il 4% dei pesci, granchi e molluschi portati in tavola provenivano da allevamenti ittici; nel 2006 la percentuale ha toccato il 43%. Il WWF stima che nel 2010 tutta l’intera produzione mondiale di olio di pesce e la metà delle farine di pesce potrebbero essere destinate alle acquacolture.


    I pesci sono inoltre sempre più minacciati dalle conseguenze dei cambiamenti climatici, quali l’innalzamento della temperatura delle acque dei fiumi, dei laghi e degli oceani.
    L’innalzarsi della temperatura delle acque, potrebbe abbassare il tasso riproduttivo di alcune specie di pesci, mentre la minore disponibilità di cibo potrebbe rallentare la loro crescita e i ritmi riproduttivi. Pesci come il salmone, il pesce gatto e lo storione non sono in grado di deporre le uova se la temperatura non scende al di sotto di un certo livello. Ad esempio in Atlantico un aumento delle temperature di 1,5 - 2° potrebbe mettere in grave difficoltà il salmone, con gravi pericoli per l’industria canadese della pesca.

    Il pesce è alimento sanissimo ed eccellente. Basta frequentare uno dei grandi mercati ittici italiani per rendersi conto a quale inesauribile tesoro si possa attingere, meraviglia di colori e di sapori.
    Mentre la carne proviene da mammiferi e volatili, in numero relativamente limitato, il pesce ha varietà innumerevoli che ci danno la possibilità di variare pietanze per ogni giorno dell'anno. Le loro carni ci offrono un apporto di giuste calorie ed una straordinaria ricchezza di sali minerali, di composizione tale da riuscire digeribili più di qualsiasi carne. Certe qualità di pesci sono particolarmente indicate inoltre a chi ha problemi di dieta, ai sofferenti di arteriosclerosi, nonché a quelli di gotta.
    Un'alimentazione sana dovrebbe alternare spesso il pesce alla carne e talvolta adottarlo completamente per qualche periodo. I periodi di astinenza (di magro) e di digiuno, a base di pesce, imposti dalla chiesa, non avevano solo un valore penitenziale, ma anche un ruolo rigenerativo fisiologico, in certi particolari periodi dell'anno. Non sarebbe inopportuno ritornare di proposito a certe usanze che hanno una profonda origine nelle necessità dell'organismo umano.

    IL PESCE FRESCO
    Una delle migliori virtù del pesce è la freschezza. Certi pesci trovano la loro espressione migliore cotti appena pescati. Specie il pesce azzurro, che si dice abbia 40 virtù e che ne perda una all'ora. In genere il pesce è ancora « fresco » sino a 48 ore dopo la pesca, se ben conservato in luogo freddo.
    In certe stagioni basta un po' di scirocco o la sosta al caldo e al sole, per rovinare il pesce. Se il pesce di misura piccola o media, va consumato freschissimo, non tutti sanno che certi pesci di grosso taglio, dal mezzo chilo in su, ed in proporzione loro peso, possono essere frollati per qualche giorno, mantenuti in luogo fresco, fra i 5 e gli 8 gradi convenientemente eviscerati.
    All'acquisto è abbastanza facile distinguere il pesce fresco quello che non lo è, o è addirittura avariato. Innanzitutto per l'odore, se è lieve, gradevole, che ricorda profumo del mare o delle alghe, vuol dire che è fresco ma un odore sgradevole, ammoniacale o addirittura di putrido, denuncerà la cattiva conservazione del pesce. Poi si deve considerare il colore e l'aspetto generale del pesce che dovrebbe essere brillante con riflessi metallici ed iridescenti, l'occhio vivo, lucente, le branchie rosa o di un rosso, dal corpo rigido, appena appena flessibile, con la polpa ben soda, rosea e bianca madreperlacea, e le squame a aderenti. Un colore grigiastro, smorto e senza più riflessi, la polpa troppo flessibile e flaccida, con le branchie asciutte e con l'occhio opaco, infossato, denunzia il pesce invecchiato, certe striature o macchie di colori estranei giallicci o verdastri denunziano addirittura l'inizio di un processo di decomposizione che, ripetiamo, è sempre o quasi rivelato dal cattivo odore emanato specialmente dalla testa, visto che le interiora vengono di solito tolte. Annusate dietro le branchie o la base della testa dei crostacei, dove si farà evidente un colore azzurrastro, e non abbiate incertezze, rinunziate all'acquisto.



    USIAMO I NOSTRI SENSI:

    TRE semplici regole per un acquisto sicuro in merito alla freschezza.

    VISTA. L'aspetto estetico è il primo passo: il colore di un prodotto fresco è sempre vivace e iridescente; tinte opache poco luminose devono sempre insospettirvi. Esaminate con cura occhi e branchie: i primi devono essere lucidi e trasparenti, possibilmente sporgenti, le seconde rosso vivo.

    OLFATTO. Tutti sanno che il pesce poco fresco ha un odore sgradevole ma potete distinguere un pescato recente dal profumo leggero che ricorda il mare. Tutti gli altri odori sono indice di troppo tempo passato dal momento dello sbarco del prodotto o comunque di una cattiva conservazione.

    TATTO. Se possibile, toccatelo: la rigidezza derivante dal rigor mortis indica un prodotto freschissimo e non maltrattato nella pescata. Le carni devono essere rigide, mai molli o facili a sfaldarsi. Le squame devono essere ben attaccate al corpo.

    UN PESCE PER OGNI STAGIONE.


    La natura, come per la frutta e la verdura, anche nel caso del pesce, offre un'alternanza di specie in base al diversi periodi dell'anno. Seguire quindi la reperibilità stagionale dei diversi tipi di pescato è il modo migliore per risparmiare sulla spesa per gustare in cucina un prodotto sempre fresco.


    I PESCI PIU' COMUNI





    LA SEPPIA
    Nome scientifico: Sepia officinalis
    E' un mollusco cefalopode con iI corpo ovale schiacciato o circondato da una pinna; il capo sporgente presenta dieci braccia, due delle quali - i tentacoli - sono più lunghe, retrattili e con la parte terminale ricca di ventose. Può raggiungere dimensioni massime di 35 cm. All'interno del corpo (mantello) possiede una sacca piena di inchiostro che espelle nelle situazioni di pericolo; anche la conchiglia è interna ed è comunemente indicata col nome di "osso di seppia". A seconda delle dimensioni e della provenienza può avere sapore diverso (la presenza di inchiostro rappreso suggerisce che la seppia è stata congelatata).

    LA SOGLIOLA
    Nome scientifico: Solea solea
    La sogliola è un pesce dotato di un corpo appiattito quasi privo di coda. Con il lato di colore chiaro (detto cieco) si appoggia sulla sabbia. Sul lato di colore più scuro, col quale si mimetizza nei fondali, si trovano gli occhi e la testa rivolta a destra. Vive nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nel Mare del Nord. La carne è gustosa, molto digeribile (se lessa o cotta al vapore) e con poche lische.

    LA CANOCCHIA o PANNOCCHIA
    Nome scientifico: Squilla mantis
    E' un crostaceo di medie dimensioni che può raggiungere i 20 cm di lunghezza. Comune nell'Alto Adriatico, ha il corpo a forma allungata, di colore bianco -grigiastro con riflessi rosati. Sulla coda presenta due caratteristiche macchie ovali di colore bruno-violaceo. Sul capo, rivestito da una robusta corazza, si trovano due paia di antenne e due altre appendici mobili sulle quali sono collocati gli occhi. Vive a lungo dopo la cattura. Si deve consumare fresca per evitarne lo svuotamento per disidratazione.

    GLI SCAMPI
    Nome scientifico: Nephrops norvegicus
    Crostacei della stessa famiglia dell'astice sono molto apprezzati per la carne pregiata dal gusto delicato, morbido e gustoso. II corpo allungato e snello ricoperto dal carapace, presenta un rostro munito di tre, quattro denti sui margini laterali della parte superiore ed uno, due sul margine inferiore. Ai lati della testa è fornito di due robuste chele. Ha colore rosato con sfumature arancio più o meno intense. Può arrivare a una lunghezza di circa 25-30 cm ma gli scampi normalmente pescati non superano i 20 cm. Vivono fino a una profondità di circa 80 m. nascosti in gallerie scavate sui fondi sabbiosi.

    I CALAMARI
    Nome scientifico: Loligo vulgaris
    II calamaro è un mollusco cefalopode con corpo allungato a forma di cono. Sul dorso, in posizione laterale, sono presenti due grandi pinne che gli conferiscono una forma a rombo (nel totano, spesso confuso con il calamaro, le pinne formano un triangolo). Nel mantello è anche presente una conchiglia cornea (il calamo) allungata a forma di lancia. II calamaro ha in tutto dieci braccia con ventose: otto più corte e due tentacoli più lunghi con estremità a forma di clava. Lungo le nostre coste il calamaro si pesca quasi ovunque, è molto diffuso in Alto Adriatico.

    LA TRIGLIA
    Nome scientifico: Mullus barbatus
    La triglia di fango è di statura medio-piccola, con profilo del capo molto ripido quasi verticale; il corpo, di forma allungata e leggermente compresso, è ricoperto di squame facili da staccare. La colorazione va dal rosa al rosso sul dorso, mentre i lati e il ventre hanno strisce longitudinali gialle. La triglia di scoglio, invece, è un pesce di colore rosso-bruno, con ventre chiaro, fianchi con 3-4 fasce longitudinali gialle e una striscia color rosso scuro. Ha molte somiglianze con la triglia di fango, da cui si distingue per il profilo della testa più arrotondato e per la presenza di una macchia dorata sulla prima pinna dorsale, evidente appena pescata. AI di sotto della bocca mostra due barbigli. La triglia di scoglio di solito ha dimensione maggiore di quella di fango.





    IL PESCE AZZURRO
    In questa categoria siamo soliti far rientrare tutte le specie di pesce di piccole dimensioni con una colorazione dorsale tra il blu scuro e il verde-blu, mentre la parte ventrale tende a presentarsi di colore argenteo brillante.
    Dal punto di vista della composizione chimica, il pesce azzurro è caratterizzato dal notevole contenuto in proteine di alto valore biologico, unitamente ai rninerali e alle vitamine. Inoltre si distingue per la particolare composizione della frazione lipidica ricca in acidi grassi polinsaturi.

    SARDINA
    Nome scientifico: Sardina pilchardus
    La sardina, notissimo pesce azzurro, è una specie pelagica costiera dalla forma slanciata e snella. La colorazione dei dorso è azzurro-verdastra, con fascia azzurra sui lati, mentre i fianchi e il ventre sono bianco - argentei; lungo i fianchi possono essere presenti alcune macchiette nerastre. La lunghezza massima è di 18-20 cm.

    ALICE
    Nome scientifico: Engraulis encrasicholus
    Presenta un corpo affusolato e slanciato, a sezione trasversale ovale con ventre arrotondato e liscio. La superficie dei corpo, che presenta squame caduche, ha invece una colorazione variabile dal blu-verde al grigio sul dorso e argentea sul ventre. Questa particolare colorazione costituisce un adattamento mimetico tipico dei pesci pelagici per sfuggire ai predatori; infatti, se visto dall'alto, il blu dei dorso si confonde con l'oscurità delle acque profonde dei fondale, nientre se visto dal basso il ventre chiaro si confonde con la luce proveniente dalla superficie. La lunghezza è di circa 9 cm.

    SGOMBRO
    Nome scientifico: Scomber scombrus
    Lo sgombro presenta un corpo slanciato, fusiforme a sezione quasi circolare. Colorazione del dorso azzurro verdastro con striature di colore nero, fianchi e ventre di color bianco argenteo. Dimensioni medie attorno ai 25 cm, raggiunge anche i 40-50 cm.

    SURO o Sugarello
    Nome scientifico: Trachurus trachurus
    Specie di dimensioni medio-piccole, con una lunghezza compresa tra i 20-40 cm, con corpo allungato leggermente compresso ai lati, occhi molto grandi, bocca ampia, presenta ai lati una linea irregolare di scudetti ossei spinosi. Colorazione bluastra-verde, digradante ai fianchi in un argento metallico, biancastra quella del ventre.

    PAPALINA o spratto
    Nome scientifico: Sprattus sprattus
    È pescato durante lutto l'anno. Vive nei fiumi e penetra nelle lagune, preferisce acque fredde e temperate. È un piccolo pesce che raggiunge al massimo i 11 cm di lunghezza.


    TUTTI GLI ALTRI PESCI IN ORDINE ALFABETICO


    Aguglia
    Appartiene alla famiglia del pesce azzurro. Ha corpo allungato con caratteristico becco lunghezza 30-60 cm. Carni di buon gusto, apprezzate in umido e in frittura, è un pesce molto comune, dal prezzo molto basso.

    Aiola
    Famiglia Sparipi. Misura 20-35 cm. Carni di buon gusto, ma si trova difficilmente sul mercato.

    Aragosta
    Crostaceo provvisto di corazza bruno-rossastra, con lunghe antenne. Ottima e ricercata per il suo gusto delicato e inconfondibile, si fa apprezzare soprattutto bollita e servita fredda, in insalata e cocktail con maionese. Può raggiungere dimensioni attorno ai 50 cm ed un peso di 8 kg. Il corpo è provvisto di tredici paia di appendici cinque delle quali vengono usate per camminare, un paio è costituito da lunghe antenne, possiede una coda, il telson, a forma di ventaglio, gli occhi sono situati in cima a peduncoli mobili, non ha chele, la colorazione è rosso violacea con macchie più chiare. Molto costosa, va acquistata viva o surgelata.

    Astice
    Simile all'Aragosta nella struttura corporea, si differenzia per il colore blu-nerastro e le due potenti chele anteriori. La carne è ottima e molto delicata. Si cucina bollita e si gusta in insalata o cocktail con maionese. Molto costoso, va acquistato vivo o surgeto.

    Calamaro
    Appartiene alla stessa famiglia del totano, ma può raggiungere notevoli dimensioni (fino a 90 cm.). Le sue carni bianche sono generalmente apprezzate. Si può preparare con una farcitura composta utilizzando le carni dei tentacoli, uova, olive ed erbe aromatiche. Quindi viene cotto al forno o alla griglia.

    Cannolicchi
    Molluschi dal guscio fusiforme. Carni discrete, da consumare freschissime. Ottimi gratinati al forno o per condire la pasta.

    Capone
    Abilissimo nuotatore, detiene il primato di velocità tra tutti i pesci che popolano i mari. Ha carni ottime, abbastanza raro.

    Cefalo o Muggine
    Riconoscibile dal cranio largo e compatto, ha carni grasse, saporite, di facile digeribilità. Ideale da cucinare ai ferrri o lessato. Pesce molto comune e di basso prezzo.

    Cernia
    Pesce con pinna dorsale spinosa ed enorme testa. Carni pregiate e compatte, da gustare soprattutto in frittura per i pesci di piccola taglia o ai ferri in tranci per quelli di grosse dimensioni. Abbastanza costosa.

    Dentice
    Di varie dimensioni, ha il dorso azzurro e i fianchi giallo-argentei. Carni sode e molto buone, delicate. Ottimo lessato, alla griglia o al forno. Sono sempre più rari.

    Gambero
    Crostaceo di piccole dimensioni, grigio o rosa (quest'ultimo è il più pregiato). Carne di sapore delicato, ideale sia fritto che lesso o come condimento per i risotti. Si trovano anche surgelati, o precotti o sgusciati.

    Granceola o granseola
    Grosso granchio con ottima polpa filamentosa. Si gusta lessata in raffinati antipasti, cocktail o insalate o come condimento per spaghetti.

    Lumache di mare
    Piccoli molluschi dal guscio a spirale. Le carni buone ma richiedono una lunga precottura, poi si cucinano in umido.

    Mazzancolla
    Carni eccellenti ricercate. Simile al gambero, ne condivide gli stessi modi di preparazione. Fritta, lessa o come condimento per i risotti.

    Merluzzo o Nasello
    Corpo allungato ricoperto di squame lisce e caduche. Se di grandi dimensioni è venduto a tranci o filetti. Carni buone, delicate e di grande digeribilità. Lessato è adatto ai bambini, ma si gusta anche arrosto o fritto.

    Murena
    Conosciuta per il suo morso tenace e doloroso, si presenta con un corpo molto lungo. Carne pregiata e saporita, indicata soprattutto in umido. Non si trova facilmente.

    Occhiata
    Pesce dal profilo ellittico e grande pinna caudale. Carni di buon pregio soprattutto alla griglia, prezzo modico.

    Ombrina
    Piccola e con due pinne dorsali, ha carni eccellenti, delicate, che si gustano bollite, ai ferri e soprattutto in guazzetto, con aglio, prezzemolo e pomodoro.

    Orata
    Corpo ovale con testa appiattita. Si distingue per la striatura dorata tra gli occhi. Carni molto delicate e pregiatissime, ne fanno uno dei pesci più apprezzati. Dà il meglio di se sia al forno che arrosto. Si trovano facilmente e a basso prezzo quelle di allevamento.

    Pagello o Fragolino
    Pesce di medie dimensioni dal caratteristico colore rosato, da cui il nome fragolino. Carne magra, buona e delicata, ottima in vari modi, soprattutto nella zuppa.

    Palamita o Tonnetto
    Dimensioni generose e andamento affusolato, con grande pinna caudale. Appartiene alla stessa famiglia degli Sgombri. Carne gustosa e compatta, ad alta resa.

    Passera
    Corpo ovale appiattito ed occhi da un solo lato. Carne discreta, indicata sia per la frittura che per il lesso, prezzi modici.

    Pesce Marotta
    Pesce panciuto grandezza media, non è molto facile da trovare, si trova nelle tavole dei buongustai.

    Ombra o Pilota
    Vive in mare aperto e accompagna targarughe, cetacei e il Naviglio, donde il nome. Lungo 20-50 cm. ha carni buone, ma è raro .

    Pesce spada
    Lungo fino a 4-5 metri, con la tipica appendice in fronte. Qualche esemplare può raggiungere i 3 quintali di peso. Carne gustosissima e molto compatta, venduta in tranci. La sua specialità è arrosto o alla griglia.

    Polpo
    Grosso mollusco senza osso dorsale, con lunghi tentacoli. Carne compatta e buona, di largo impiego in cucina in vari modi, tutti ugualmente validi. I polpi molto piccoli e tenerissimi sono chiamati Moscardini.

    Rana pescatrice
    E' detta anche ''Coda di rospo'' poiché la sua carne migliore è quella della sua lunga coda. Di aspetto mostruoso, è in realtà un pesce prelibato nella zuppa. E' indicato anche ai ferri. Prezzo medio, si trova facilmente sul mercato.

    Razza
    Ha forma romboidale, con lunga coda. La più pregiata è quella chiodata. A differenza degli altri pesci che vanno consumati freschissimi, la Razza migliora con una leggera frollatura, che ne intenerisce le carni. E' indicata in umido o nella zuppa. Prezzo medio si trova facilmente nelle pescherie.

    Ricciola
    Pesce di medie dimensioni, riconoscibile da una fascia longitudinale ambrata dalla testa alla coda. La carne è molto bianca, ottima e ricercata. Si apprezza soprattutto ai ferri o bollita. Prezzo medio alto.

    Rombo
    Corpo grande, appiattito e ovale, occhi su un solo lato. Può raggiungere dimensioni enormi. Il migliore è quello chiodato. Carne soda e di gusto delicato, viene venduto anche a tranci o in filetti, da cucinare preferibilmente alla griglia, arrosto o al forno. Prezzo medio.

    Sarago o Parago
    Corpo ovale di medie e piccole dimensioni. Si pesca prevalentemente in primavera o in estate. Carne discreta, ottima al forno.

    Seppia
    Mollusco ovale, con tentacoli e osso interno. Carne compatta piuttosto coriacea che richiede una preventiva ''bollitura''. E' gustosa e di largo impiego in cucina, indicata in umido. Le seppioline, invece, sono consigliate per le fritture.

    Spigola o Branzino
    Lungo fino a un metro, ha corpo robusto e allungato. E' uno dei pesci più ricercati. Carne ottima e pregiata, di largo impiego. Il miglior modo per apprezzarla è lessa. Si trovano facilmente e a bassi prezzi quelli di allevamento.

    Tartufi di mare
    Piccoli molluschi con conchiglia a ventaglio, molto pregiati. Sono ottimi preparati in salsa bianca, alla marinara o nell'insalata.

    Tellina
    Piccolo mollusco bivalvi con una conchiglia composta da due valve uguali e arrotondate; vive in comunità numerose, nascosta sotto la sabbia, dove filtra l'acqua per nutrirsi di plancton. Molto saporita e assai apprezzata in cucina.

    Tonno
    Pesce di grosse dimensioni (può raggiungere i 3 metri). Carne compatta e molto gustosa venduta a pezzi o tranci è ottima alla griglia. Si vende soprattutto sott'olio.

    Totano
    Mollusco della stessa famiglia del Calamaro, ma di piccole dimensioni e con un'unica pinna codale romboidale, anziché due lunghe laterali. Carne buona, soprattutto in esemplari piccoli, si cucina grigliata, alla marinara o ripieno.



    COME CUCINARE IL PESCE


    PESCE ALLA GRIGLIA
    Dopo aver pulito il pesce, lo si asciuga e lo si mette su una placca con poco olio, prezzemolo tritato con un po' di timo e qualche pezzetto di foglia di alloro. Se il pesce era congelato è preferibile evitare la marinatura, si passa all'aglio ed agli aromi solo all'ultimo momento, dopo averlo leggermente infarinato perché si colora prima e si stacca meglio dalla griglia. Si pone la griglia sulla fonte di calore oliandola leggermente con un pennello. Quando la griglia sarà ben calda vi si adagia il pesce, perpendicolarmente alle strisce della griglia e lo si pennella di tanto in tanto con l'olio della marinata. Dopo averlo lasciato fermo per 2 o 3 minuti, lo si dispone, per altri 3 o 4 minuti diagonalmente ad esse, così si otterrà sulla sua pelle un disegno regolare a losanghe. Si rivolta il pesce, si sala, si pepa la parte cotta e si ripete l'operazione con gli stessi tempi, che ovviamente, varieranno a seconda del volume del pesce stesso.
    Si ricordi che la fiamma non deve mai lambire le carni. Preferibilmente usare, quando si può, del buon carbone di legna dolce. Se si tratta di pesci di una certa mole si possono grigliare, tagliandoli in trance trasversali, che verranno trattate allo stesso modo del pesce intero. Oppure, dopo aver grigliati superficialmente i grossi pesci, si possono pennellare d'olio e passare al forno moderato per la cottura completa. Il pesce grigliato può essere servito caldo e anche tiepido o freddo, addirittura marinato con olio, prezzemolo e aglio tritati, con succo di limone o aceto.

    PESCE AL FORNO
    Le preparazioni preliminari possono essere identiche anche per le preparazioni « al forno » sia per il pesce in marinata semplice, che ammollicato con aromi. Si avrà cura di aumentare di un po' il condimento e di irrorare il pesce con un po' di vino bianco. Olio e vino bianco comporranno un buon sugo con il quale si irrorerà il pesce durante la cottura. La mollica di pane con gli aromi si potrà anche aggiungere solo alla fine, per formare una crostina superficiale. Gli aromi, nei pesci di una certa misura, vanno posti anche all'interno del pesce. Oltre all'alloro, al prezzemolo, al timo, si possono aggiungere salvia, rosmarino, basilico, origano e barbine di finocchio selvatico o no, aroma quest'ultimo di schietto sapore mediterraneo.
    Con l'ammollicatura sopra descritta, agli aromi vari, olio o burro, si possono trattare anche tutti i bivalvi, e specialmente cozze, cape sante e pettini (canestrolli), passati al forno per una lieve gratinatura. Taluno al pangrattato aggiunge oltre agli aromi, formaggio grattugiato, trito di capperi, pepe o peperoncino e filettini di pomodoro.

    PESCE AL CARTOCCIO
    Il pesce intero, in filetti o in trance, viene cotto al forno, avvolto in carta stagnola o in carta da forno, con gli stessi criteri di quello grigliato o arrosto, con l'aggiunta di ingredienti vari del cui profumo e sapore le sue carni si impregnano durante la cottura. Oltre a tutti i possibili aromi vegetali adeguati, si possono aggiungere, farcendone in genere la cavità addominale, filetti d'acciughe salate, gamberetti, molluschi di conchigliame vario, fettine di prosciutto o anche di pancetta affumicata, bottarga di tonno o di muggine, persino caviale, o polpa di granchio, di canocchia o di granceola, nonché polpa di zampe o di chele d'aragosta ed astaco. La fantasia non ha limite per comporre i cartocci che possono accogliere anche aroma di distillati (Cognac, Whisky, Calvados, e persino Rum e Grand Marnier, Pernod o liquori d'erbe).
    I cartocci, oltre che al forno, se formati da robusta carta stagnola, possono essere preparati anche sulla griglia, magari festosamente all'aperto, in riva al mare.

    PESCE IMPANATO E GRIGLIATO
    Certi filetti di pesce, o certi spiedini di filetti di pesce o di crostacei sgusciati, o di calamari, o di seppioline, oltre che essere grigliati nel modo suddetto, vengono prima marinati e poi passati in una mescolanza di pangrattato ed erbe aromatiche, anche con profumo d'aglio, quindi passate alla graticola. Anziché all'olio, certi filetti panati, e crostacei e molluschi, si possono anche passare prima al burro fuso c poi al pangrattato con aromi. Le preparazioni con pangrattato vanno servite calde.

    PESCE FRITTO
    Un piatto di croccante fritto misto è uno dei secondi più tradizionali e graditi della cucina italiana. La frittura è la cottura più popolare di certo pesce a buon mercato, specie quello « azzurro ». Un buon fritto misto può essere composto, oltre che di sardine e di acciughe, di piccole triglie, di « go », di pezzetti di razza o rotelline di palombo, di code di pesce ragno, di calamari, di seppioline, di gamberi, di marzanelle, di scampi, per citare solo i pesci d'acqua salata. La più classica delle fritture è quella di scampi e calamari. Una frittura particolare, quella di « moleche» o granchi in amore. Una frittura d'acqua dolce può comporsi di rocchi di anguilla, di pesce gatto senza testa, di alborelle, di temoli, di spinarelli, di piccoli lucci, di cheppie o agoni, di chiozzi, di filetti di pesce persico, di piccole scardole ed anche di trote, o carpe sfilettate, in tranci o, se piccoline, intere. Piccoli storioni tagliati in tranci possono seguire la stessa sorte. Per la frittura è importante che il pezzo da friggere a contatto con l'olio bollente si ricopra di un pellicola consistente così che il grasso non possa penetrare, né possano uscire le sostanze nutritive, giungendo tuttavia ad una perfetta cottura. Si arriva ad un tale risultato immergendo ciò che si deve friggere in un liquido, che può essere latte o burro, e passandolo poi nella farina.

    COME SI FRIGGE
    Si immergono i pesci interi, i filetti o le trance in latte o nella birra leggermente salati. Ma molti cuochi non salano né il latte, né la birra, ma solo il pesce alla fine. Si toglie ogni pezzo, lo si sgocciola, quindi lo si passa nella farina in modo che sia ricoperto da ogni parte. Si scuote leggermente il pezzo perché cada da esso ogni eccesso di farina. Se si tratta di pesci piccolini o di pezzi di essi, come rotelle di calamari ecc., si infarinano tutti insieme e poi si dispongono in un setaccio e si scuote quest'ultimo per far cadere al di sotto la farina eccedente. La temperatura e la qualità dell'olio Il pesce piccolo dovrà essere fritto a temperatura più alta. (200°), e basteranno 2 minuti, 2 minuti e mezzo al massimo per renderlo croccante. Per le piccole sogliole, le sardine, le acciughe e tutto l'altro pesce azzurro o no, di piccolo formato, sono sufficienti 3 minuti, 4 se un po' più grandi, e ad un'eguale temperatura, o poco meno (180°).
    Per i grossi cefali, le sogliole, le trotelle, i piccoli lucci ecc. l'olio dovrà essere meno caldo e la cottura prolungata a 5 o al massimo 6 minuti. I pesci più grossi si sfilettano o si tagliano in pezzi romboidali, come ad esempio la razza.
    Non bisogna calare nell'olio troppo pesce insieme in una volta, perché se ne abbasserebbe la temperatura e mancherebbe quella forza di calore iniziale per formare immediatamente la crosticina. Se si tratta di grossi pesci si possono praticare su di essi delle incisioni trasversali profonde e regolari per facilitare la penetrazione dell'olio bollente. Se la padella per friggere, o la friggitrice con cestino, sono profonde, il pesce inizialmente immerso nell'olio, a cottura ultimata, risalirà a galla e sarà di un bel colore dorato intenso. Si raccoglie allora con un colatoio forato e lo si passa su una placca rivestita di carta assorbente. Ovviamente si cominceranno a friggere i pesci più piccoli e poi via via gli altri, per ordine di grandezza. Una misura per volta perché ogni misura richiede una temperatura adatta. Per abbassare la temperatura dell'olio basta aggiungerne dei piccoli quantitativi di freddo.

    A cottura avvenuta, il pesce si depone sulla carta assorbente e si sala. Il pesce deve essere mantenuto al caldo sino al momento di servirlo, magari nello stesso piatto (meglio se di acciaio inossidabile) da portare in tavola. Dovendo l'olio raggiungere e sorpassare i 180°- 200° di temperatura, sarà opportuno usare oli che hanno un punto di fumo superiore a 200°. Ideale quello di soia ma oggi molti nutrizionisti consigliano l'olio di oliva.

    FRITTURA MORBIDA
    Nel sud d'Italia, specialmente in Sicilia, a volte si frigge il pesce senza passarlo nella farina. Si porta l'olio a bollore, vi si immerge il pesce, si mette il coperchio e si abbassa la fiamma. In tal modo si può usare anche l'olio di oliva, tenendo la cottura al di sotto dei 160°. I tempi di cottura sono appena un po' più lunghi di quelli già consigliati. II pesce risulta più morbido. Lo si passa nella carta assorbente e lo si sala, tenendolo al caldo sino al momento di servirlo.

    FRITTURA ALLA MUGNAIA
    Adatta alla trota in particolare, intera o sfilettata, ma anche a tutti i pesci delicati in genere specie ratti. Dopo aver mondato il pesce lo si asciuga, lo si passa alla farina, lo si sala, poi lo si frigge in poco olio in una padella, prima da una parte e poi dall'altra. Nel frattempo si fa dorare abbondante burro, a parte, con due foglioline di salvia. Per dorare invece scampi, rondelle di aragosta. cape sante ecc., si frulla un uovo intero ed un tuorlo, anziché un sola uovo, e si procede come sopra; il passaggio al pangrattato deve essere tuttavia appena percettibile. L'impanatura va effettuata nel momento stesso della cottura, in due parti di burro ed una di olio insapore. Si deve servire immediatamente. Si possono servire insieme scampi e funghi (ovoli) egualmente il doni li.

    FRITTURA CON LA PASTELLA
    Certo pesce a polpa soda, in trance o in filetti. o certi crostacei, o certi pesci piccolissimi tipo gamberetti e schille. da friggere come frittelline, a cucchiaiate, possono essere immersi precedentemente in una pastella e passati poi in molto olio in bollore. La pastella classica si fa con gr. 250 di farina, 3 cucchiai d'olio, sale. Si diluisce con acqua, latte o birra e due albumi montati sino ad ottenere un impasto liscio e fluido. È bene usare subito questa pastella, senza lasciarla riposare. La pastella si può aromatizzare con un po' di Grappa. La pastella all'uovo si fa come sopra aggiungendo anche due tuorli d'uovo, oppure usando due uova intere e due tuorli. Si frullano ben bene, ma senza aggiungere gli albumi montati. Questa pastella è particolarmente adatta a scampi, gamberi sgusciati, ed a gamberetti e schille da friggere a frittella. Si profuma con rapatura di limone, e la grappa potrà essere sostituita con del Cognac, del Calvados o del Brandy.

    PESCE FRITTO DORATO
    Si frulla un uovo intero con un cucchiaio d'olio e due cucchiai d'acqua, sale e pepe. Si dispone sul tavolo una placca con farina bianca ed una con pangrattato. Intanto a parte si saranno preparati i filetti di pesce. Si passa il filetto o il pesce alla farina bianca, si scuote un poco, in modo che ne perda l'eccesso, poi lo si immerge nell'uovo battuto. Si sgocciola e si passa al pangrattato, rivoltandolo in esso e premendo con una mano in modo che vi aderisca. Si dispongono quindi i filetti o i pesci impanati in una placca coperta da un foglio di carta, uno discosto dall'altro. L'operazione può anche essere effettuata un po' prima della cottura. Si pone in una padella metà burro e metà olio. Si rosolano e friggono in essi i filetti, 3 o 4 minuti per parte, rivoltandoli delicatamente con una sottile spatola di legno.

    RECUPERO DEL PESCE FRITTO
    In linea di massima è preferibile consumare immediatamente tutto il pesce di una frittura, ma in caso ne rimanesse, lo si passi al forno caldo, dopo averlo irrorato con vino bianco e aceto o limone, bollenti. Si lascia qualche minuto con coperchio e qualche minuto senza. Si può servire sia caldo, che tiepido, che freddo. Si può aromatizzare il liquido con fettine d'aglio o un trito di cipolla, o un battuto d'erbe aromatiche. Altra soluzione di recupero sia per il pesce fritto che per quello arrosto è quella dl irrorarlo con un passato di pomodoro (lievemente acidulato di aceto e limone) e con un filo d'olio d'oliva. Si cosparge d'erbe aromatiche e con qualche cappero e olivettc nere, tritate, quindi si passa al forno e si serve caldo.

    PESCE MARINATO
    Avanzi di pesce fritto, o meglio del pesce fritto appositamente, possono essere conservati a lungo previa una adeguata marinatura a base di aceto di vino bianco con aromi vari. Marinatura alla veneta (saor) Si frigge il pesce e nello stesso olio si soffriggono delle cipolle dolci affettate sottilmente. Per 1 kg di pesce, 1 kg di cipolle (a seconda del gusto). Come le cipolle sono appena bionde si irrorano con mezzo litro di aceto solo o 1/4 di acqua 1/4 di vino bianco. Si dispone uno strato di pesce ed uno di cipolle, si irrora quindi con l'aceto, e si lascia riposare per almeno 3 giorni al fresco. Ben coperto di aceto il piatto può essere conservato al fresco, anche per un mese. E' preferibile togliere le teste al pesce azzurro, e se i pesci sono grandi è consigliabile sfilettarli prima di friggerli. 1'_ e sale a seconda del gusto. L'autentico piatto veneto aromatizzato con un pizzicone di spezie commiste (cannella. moscata, garofano e pepe) ed arricchito di uvetta sultanina e pinoli aggiunti alla cipolla appena prima di irrorarlo l'aceto. Variante: per filetti di pesce delicato e per un consumo immediato, si può aggiungere alla cipolla succo di limone, succo e rapatura di arancia, con un po' di vino secco.

    PESCE BOLLITO
    Per la cottura del pesce bollito è opportuno preparare in precedenza un « court-bouillon » insaporitore, con acqua, aromi. fettine e succo di limone o aceto, sale e pepe in grano. Si lascia raffreddare questo liquido e poi lo si versa freddo, o appena tiepido, sul pesce. Non bisogna mai in nessun modo, e nemmeno per 1'aragosta e gli scampi vivi, immergere il pesce nell'acqua in bollore. Provocherebbe una contrazione superficiale della polpa, impedendo una regolare penetrazione del calore e quindi un ritardo di cottura. Danneggerebbe inoltre l'aspetto del pesce che si screpolerebbe e si sfalderebbe. Anche ponendo sul fuoco il pesce con il « court-bouillon » freddo bisogna raggiungere la bollitura assai lentamente, e neppure deve essere bollitura vera e propria, ma un lieve fremito, da far continuare a piccola fiamma.
    Tempi di cottura
    I tempi di cottura varieranno a seconda delle misure del pesce, ma in genere non superano i 20 minuti di bollore. I gamberetti e le canocchie, non più di 3 o 4 minuti, gli scampi non più di 5 minuti. I crostacei è preferibile cuocerli in un « court-bouillon » appena acidulato e che li copra appena, così si otterrà un brodino, un cosiddetto « fumetto » eccellente per insaporire zuppe o salsa da destinare agli stessi crostacei. Per certi pesci si usa aggiungere al « court-bouillon » un po' di latte per mantenere candide le carni. Cuocendo salmoni o trote salmonate è preferibile evitare di aggiungere succo di limone o aceto che li decolorerebbe della loro bella tinta rosata. Il pesce si lascia freddare nel liquido di cottura e lo si toglie dalla pescera con l'apposita « anima » facendolo scivolare in un piatto, dove verrà mondato.
    Per fare il « Court-bouillon »: Per 1 litro e 1/2 d'acqua, 1/2 bicchiere di aceto bianco, o il succo di due limoni, due foglie di alloro, un mazzetto di gambi di prezzemolo, di foglie di sedano e due rametti di maggiorana. Aggiunte possibili: cipolla tritata, aglio a fettine, carote a rotelline, vino bianco, latte. Si fa sobbollire il « court-bouillon » per almeno 20 minuti, si lascia freddare, si filtra e si versa sul pesce, già disposto sulla pescera.

    RECUPERO DEL PESCE BOLLITO
    Sarà bene mondare accuratamente toglieno ogni lisca a qualsiasi avanzo di pesce bollito irrorandolo poi di olio e di succo di limone. Gli avanzi di pesce bollito potranno sempre arricchire una classica insalata russa uniti a verdure tagliate a dadini e legati con maionese. Se gli avanzi di grossi pesci sono più abbondanti, possono essere riproposti in una ghiotta insalata, insieme a carote ed a sedano rapa, grattugiati o tagliati a filetto e conditi con maionese o altre salsine. Potranno anche essere ricomposti a forma di pesce in un vassoio con decorazioni di fettine di limone e ramoscelli di prezzemolo.



    SCUOLA DI CUCINA
    I DOLCI

    Dolci.HTM

    I DOLCI DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI

    I dolci, come il pane hanno origini antichissime, i primi dolci erano probabilmente delle focacce ricoperte di miele. I dolci a base di cialde derivano dagli azzimi ebraici, e costituiscono fino al medioevo buona parte della pasticceria popolare italiana.
    Al tempo dei Romani, si confezionavano dei dolci, erano piccoli e secchi sul tipo di nostri biscotti, e venivano confezionati con farina di cereali vari, uniti a vino e latte e arricchiti con noci, nocciole e mandorle e dolcificati con il miele l'unico dolcificante conosciuto.
    Questi dolci preziosi venivano perlopiù preparati per esser offerti agli dei, durante i riti religiosi, come dono propiziatorio. Nella Roma antica i dolci venivano preparati dai pistores dolciarii, molto diffusa era una piccola focaccetta confezionata con farina di formaggio secco, uova, semola e miele.
    Nel medioevo ebbero una parte importantissima i monasteri, che avevano una notevole riserva di miele, zucchero, chiodi garofano, cannella, per la confezione delle varie specialità dolciarie e alle monache si devono i primi e più importanti ricettari. Pare addirittura che tra le doti che si richiedevano in una monaca, c'era quella di 'cucinera', e di 'speziala' cioè esperte nell' arte culinaria, e dolciaria.
    Soprattutto nelle ricorrenze religiose i conventi sfornavano una nutrita serie di piccole dolcezze: ed ecco i celebri ricciarelli, i berlingozzi, i calcionetti (raviolini riempiti di ceci e miele), ed ecco le pinocchiate (meringhe farcite di miele e pinoli) e le celebri cotognate, impastate con il mosto e la scorza d’arancia, e infine i morselletti (biscottini ottenuti impastando parmigiano, uova e mandorle) e tanti altri biscottini all'anice, alla cannella ecc...
    Questa tradizione è rimasta quasi fino ai nostri giorni, e in molti monasteri nel periodo di carnevale le monache confezionavano dolci particolari che poi venivano distribuiti alle famiglie meno abbienti.
    Mentre i dolci più semplici, torte a base di uova, farina e miele venivano fatti in casa con ricette regionali tramandate di madre in figlia, i dolci più complicati e raffinati venivano elaborati dagli speziali. Una specializzazione era poi quella dei dolcieri girovaghi, i ciambellai, i brigidinai, i cialdonai, ecc., che, in occasione di varie ricorrenze, confezionavano e vendevano nelle piazze le loro specialità.
    Ricordo infine ai più giovani, che i dolci industriali più diffusi oggi, come il Panettone Milanese e il Pandoro di Verona, erano dolci locali, completamente sconosciuti fuori delle loro regioni di origine, fino a quasi 50 anni fa!...



    TORNA INDIETRO







    WEBMASTER